5-10 Altra bella affermazione la mia, nel G. P. Pirelli nazionale. 150 Km di fuga mi avvalsero i più lusinghieri commenti di Binda e dei tecnici della U.V.I.
MILANO, 7 – Due sono i temi che abbiamo posto ad Alfredo Binda: le sue considerazione sulla finale del IV Gran Premio Pirelli e le sue previsioni sulla Coppa Bernocchi da cui deriverà la chiusura della partita per il titolo italiano della strada professionisti.
L’«Alfredo nazionale» che come si sa, diresse domenica scorsa la gara della «Pirelli» ha cominciato col dire: – Qualcuno ho visto…
Sarebbe interessante sapere quali sono i ragazzi che lo hanno maggiormente colpito. – II migliore in senso assoluto, secondo me, è stato i campione italiano Zucconelli. […]
Un altro ragazzo che mi è piaciuto, invece, è Modena, il quale particolarmente in salita «va via» che è un piacere. Peccato manchi ancora di mestiere. Se fosse più scaltro non avrebbe infatti sperperato tanta energia in quella lunga fuga iniziale, che tuttavia, se vogliamo, è stata la nota più interessante della corsa.
E la storia del gatto? questa, bisogna dire la verità, Vasco non la ha mai raccontata. La leggiamo per la prima volta tra gli eventi della ”rassegna della domenica sportiva” di Renato Proni, a pagina 5 de Avanti! ed. Piemontese del 7 ottobre 1952:
Non siamo superstiziosi noi, no. Eppure quando Modena, mentre sfrecciava giù per i tornanti nella discesa su Asso assieme al compagno Uliana e tallonato ad un paio di minuti dalle farneticanti ruote del tricolore Zucconelli che guidava il gruppetto degli inseguitori composto da Barro, Vecchi e Coppalli, andò ad investire un gatto nero, facendolo schizzare sul muricciolo a lato, dubitammo delle sue possibilità più di quando egli, lasciato alle spalle Arcore, si era sganciato dal sonnacchioso gruppone e si era gettato inconsciamente in avanti. Mancavano allora duecento chilometri all’arrivo e la sua temerariaretà ci spaventò. Invero il ragazzo si trovò a suo agio sulle salite della Valbruna e la sua maglia biancazzura passò tra i boschi ramati d’autunno come una nota di freschezza e di audacia. Sembrava che la visione sottostante dei capi ciondolanti in un lungo rosario di faticoso pedalare lo spronasse a non mollare.
Ma aveva arrotato un gatto nero, quindi doveva perdere. E perse. Dopo centocinquanta chilometri che lo avevano visto dominatore della corsa, Uliana e Schmitz che gli tennero bordone nei primi cinquanta chilometri non lo aiutarono gran che, Gismondi e Nascimbene con Graf e Luratti lo agguantarono sulla salita del Brinzio e per lui fu finita. Arrivò assieme al gruppo che si ricongiunse a Saronno sotto la spinta delle nervose puntate di Bruni e di Zucconelll, e sul traguardo passò come un caneade qualsiasi della corsa.
La storia del IV Gran Premio Pirelli è tutta, o quasi, in questo episodio. Anche se la media, oltre i 38, è stata discretamente alta il percorso non ha visto scatenarsi lotte di grandi calibri neppure è vissuta per la intraprendenza di gruppetti di audaci. Chi ci teneva a ben piazzarsi si è mantenuto in contatto con l’avanguardia e quando è stato il momento ha gettato sulla bilancia la maggior riserva di risorse e si è affermato. […]
Forse la corsa avrebbe avuto ben altro epilogo se Modena avesse atteso il primo gruppetto di inseguitori e di comune accordo,quando ancora avevano in corpo molte energie, fossero filati al traguardo. Difficilmente sarebbero stati raggiunti se avessero uniti i colpi di pedale.