1952 10 05 Finale G.P. Pirelli / Con fuga e la storia di un gatto

5-10 Altra bella affermazione la mia, nel G. P. Pirelli nazionale. 150 Km di fuga mi avvalsero i più lusinghieri commenti di Binda e dei tecnici della U.V.I.

click per leggere l’articolo di Giuseppe Ambrosini Una ”classica” dilettantistica a pagina 16 e 17 della rivista Pirelli ottobre 1952, direttamente consultabile nell’Archivio Storico Pirelli. Ci sono due eventi: la fuga di Vasco Modena (nella foto di sinistra con Uliana) e il traguardo al Vigorelli (purtroppo non sono i fuggitivi, bensì Guerrini e Monti)
su «Stadio» , 8 ottobre 1952

MILANO, 7 – Due sono i temi che abbiamo posto ad Alfredo Binda: le sue considerazione sulla finale del IV Gran Premio Pirelli e le sue previsioni sulla Coppa Bernocchi da cui deriverà la chiusura della partita per il titolo italiano della strada professionisti.

L’«Alfredo nazionale» che come si sa, diresse domenica scorsa la gara della «Pirelli» ha cominciato col dire: – Qualcuno ho visto…

Sarebbe interessante sapere quali sono i ragazzi che lo hanno maggiormente colpito. – II migliore in senso assoluto, secondo me, è stato i campione italiano Zucconelli. […]

Un altro ragazzo che mi è piaciuto, invece, è Modena, il quale particolarmente in salita «va via» che è un piacere. Peccato manchi ancora di mestiere. Se fosse più scaltro non avrebbe infatti sperperato tanta energia in quella lunga fuga iniziale, che tuttavia, se vogliamo, è stata la nota più interessante della corsa.

E la storia del gatto? questa, bisogna dire la verità, Vasco non la ha mai raccontata. La leggiamo per la prima volta tra gli eventi della ”rassegna della domenica sportiva” di Renato Proni, a pagina 5 de Avanti! ed. Piemontese del 7 ottobre 1952:

Non siamo superstiziosi noi, no. Eppure quando Modena, mentre sfrecciava giù per i tor­nanti nella discesa su Asso as­sieme al compagno Uliana e tal­lonato ad un paio di minuti dalle farneticanti ruote del tri­colore Zucconelli che guidava il gruppetto degli inseguitori composto da Barro, Vecchi e Cop­palli, andò ad investire un gat­to nero, facendolo schizzare sul muricciolo a lato, dubitammo delle sue possibilità più di quando egli, lasciato alle spal­le Arcore, si era sganciato dal sonnacchioso gruppone e si era gettato inconsciamente in avan­ti. Mancavano allora duecento chilometri all’arrivo e la sua temerariaretà ci spaventò. Invero il ragazzo si trovò a suo agio sulle salite della Valbruna e la sua maglia biancazzura passò tra i  boschi ramati d’autunno come una nota di freschezza e di audacia. Sembrava che la visione sottostante dei capi ciondolanti in un lungo rosario di faticoso pedalare lo spronasse a non mollare.
Ma aveva arrotato un gatto nero, quindi doveva perdere. E perse. Dopo centocinquanta chi­lometri che lo avevano visto do­minatore della corsa, Uliana e Schmitz che gli tennero bordo­ne nei primi cinquanta chilo­metri non lo aiutarono gran che, Gismondi  e Nascimbene con Graf e Luratti lo agguantarono sulla salita del Brinzio e per lui fu finita. Arrivò as­sieme al gruppo che si ricon­giunse a Saronno sotto la spin­ta delle nervose puntate di Bru­ni e di Zucconelll, e sul tra­guardo
passò come un caneade qualsiasi della corsa.
La storia del IV Gran Premio Pirelli è tutta, o quasi, in que­sto episodio. Anche se la me­dia, oltre i 38, è stata discre­tamente alta il percorso non ha visto scatenarsi lotte di grandi calibri neppure è vissuta per la intraprendenza di gruppetti di audaci.­ Chi ci teneva a ben piazzarsi si è mantenuto in con­tatto con l’avanguardia e quan­do è stato il momento ha get­tato sulla bilancia la maggior riserva di risorse e si è affer­mato. […]
Forse la corsa avrebbe avuto ben al­tro epilogo se Modena avesse atteso il primo gruppetto di inseguitori e di comune accor­do,quando ancora avevano in corpo molte energie, fossero fi­lati al traguardo. Difficilmente sarebbero stati raggiunti se a­vessero uniti i colpi di pedale.